Mattina. Non vuole alzarsi. Urla che ha sonno. Tiro via il piumino, si raggomitola tutto e sibila tra i denti che me la farà pagare.
Lo porto a scuola.
Alle 11 (eh sì, le seconde mangiano presto, e quindi alle 11 hanno già pranzato) telefona la maestra di Love. Il poverino, bianco come un cencio, è adagiato su un divano e lamenta terribili dolori di gola e di pancia, nonché è affranto da una stanchezza esistenziale che gli impedisce perfino di mettersi in piedi.
Mi precipito. Coperto da un pannetto giallo, il capelluto, con i biondi capelli sparsi sull'affannoso petto, mormora "Mammina", alla mia vista, con voce flebile stile il ragazzino cascato dall'albero di "Incompreso".
Arriviamo a casa, si rovescia sul divano e comincia a correre come inseguito da un branco di cani selvatici.
"Stai meglio?" Chiedo. "Certo" Risponde il marrano "A casa per forza sto meglio". "E perché?" Mi azzardo a chiedergli io. "È tipico della malattia" Afferma risoluto il delinquente. "E che malattia sarebbe?" Domando incuriosita.
"LA MAMMITE ACUTA" Troneggia il ruffiano e mi abbraccia stretta.
Snort!