Introduzione: lo so che ti chiami Letizia e il Vic si chiama Vittorio, ma il bassotto protagonista di questa storia ha difficoltà a pronunciare i nomi lunghi. E non vorrai che si dimentichi di te?
C'era una volta un ... lago gelato. D'estate il lago era pieno di acqua limpida, e divideva due città nemiche da sempre. Di solito l'inverno era mite, l'acqua non gelava e ... le città rimanevano ben divise.
Ora accadde che un inverno la temperatura scese, la neve cadde, il vento soffiò e ... il lago gelò. Fu così che Elin, la figlia del giostraio, scese di nascosto sul lago per provare i pattini. E pattina pattina, arrivò dall'altra parte del lago, dove Miles, il figlio del pompiere, si divertiva con uno stecco a vedere se il ghiaccio era abbastanza spesso oppure no. Fortunatamente il ghiaccio sembrava abbastanza spesso in tutti i punti e nessuno, per quel giorno, si fece un bagno freddo.
L'inverno passò così, tra pattinate e prove di spessore. Elin e Miles passavano insieme tutto il pomeriggio dopo la scuola, costruendo montagne russe di ghiaccio su cui scivolare sopra con i pattini e igloo in cui riposare nel sacco a pelo.
Ma all'arrivo della primavera, il ghiaccio si sciolse e le due città nemiche rimasero nuovamente divise.
Ma Elin aveva un bassotto magico. Non era magico perché parlava, di questo non era capace. Almeno, non le parole lunghe. Ma era un bassotto "elastico". Se Tobia, questo il suo nome, si teneva stretto con le zampe anteriori a un albero, e lanciava il resto del corpo in aria, arrivava quasi dove voleva, si allungava, allungava, assottigliava, fino a diventare un piatto e comodo ponte.
E così tutti i pomeriggi Elin scendeva in riva al lago e Tobia abbracciava il solido tronco di una quercia. -Delicatamente - Diceva la vecchia quercia, che aveva più di 200 anni e soffriva un po' di artrite. Poi lanciava il resto del corpo in aria e Miles lo afferrava al volo per la coda. E così, con Tobia a mò di ponte, i due amici ne combinavano di tutti i colori.
La mamma di Elin diceva spesso: - Devo andare dall'oculista, mi sembra che quel cane si allunghi di giorno in giorno -
Il papà di Elin inciampava in Tobia in cucina, in salotto, in camera. - Mi hai suggestionato, cara - Constatava - Anche a me sembra di avere in casa il cane più lungo del mondo -
Ma Tobia continuò a allenarsi e allungarsi, afferrare alberi e tirare il resto del corpo in aria, finché non ci furono più città divise dall'acqua o divise per mancanza di ponti, al seguito di Elin e Miles, diventati da adulti artisti di strada.