Dottoressa stacca la spina...
![Messaggio Messaggio](./styles/prodarkblue/imageset/icon_post_target.gif)
Questo è l'articolo di oggi su Repubblica.it dove viene raccontata la storia di una dottoressa di treviso che ha ,con il consenso dei genitori,deciso di non assistere più un neonato.
Ho letto molti vostri commenti al caso Augias e forse ,per me,avete anche un pò esagerato ...diciamo che vi siete un pò accanite. Certo il discorso è diverso ma comunque si intreccia perfettamente con parte di quello che veniva indicato da Augias...è difficile trattare questo argomento e capire chi ha ragione e chi sbaglia ma leggendo questa storia penso che sia stata la scelta giusta.
LA PROCURA DI TREVISO: INCHIESTA PER OMICIDIO
Stacca la spina a un neonato
dottoressa sotto inchiesta
La procura della repubblica di Treviso (nella foto il procuratore Antonio Fojadelli) ha aperto un fascicolo su una dottoressa del reparto di neonatologia dell'ospedale Ca'Foncello di Treviso, Nadia Battajon, la quale, nel corso di un convegno di etica e medicina a Padova, ha raccontato di aver staccato la spina, col consenso dei genitori e dopo un'operazione senza successo, alla macchina che teneva in vita un neonato di 5 giorni affetto da una gravissima malformazione. L'Usl di Treviso ha poi convocato una conferenza stampa, cui ha partecipato la stessa dottoressa Battajon, precisando che l'episodio oggetto dell'inchiesta rientra in una prassi ispirata da una "mozione sull'assistena a neonati e bambini afflitti da patologie o da handicap di altissima gravità del Comitato nazionale per la bioetica".
''Racconto un caso recente - avrebbe detto la dottoressa - di un neonato affetto da gravissime malformazioni, e soli cinque giorni di vita, operato ma ugualmente senza alcuna prospettiva di ripresa. A quel punto noi dell'equipe ci siamo guardati e ci siamo detti: non possiamo fare piu' niente, che senso ha proseguire le terapie?''. Cosi', ha continuato la dottoressa, sono stati chiamati i genitori del bambino: ''A bbiamo spiegato che non aveva piu' senso quello che stavamo facendo. Lo hanno capito. Abbiamo chiesto se, prima di dirgli addio, la mamma volesse prendere in braccio il suo bambino, che era attaccato alle macchine. In un primo tempo ha detto che non le sa sentiva, poi nel momento cruciale ha cambiato idea. 'L'ha preso si e' seduta su una poltrona tenendolo in grembo e noi, piano piano abbiamo bloccato la somministrazione dei farmaci'. Il bimbo e' morto tra le braccia della mamma, nella tranquillita' del reparto''. La dottoressa avrebbe rivelato che questa stessa decisione sarebbe stata presa ''altre cinque, sei volte, per casi disperati''. Procedere con le terapie nel caso del neonato di Trevisonato con gravissime malformazioni e al quale sono stati sospesi i trattamenti poiche' non sussisteva alcuna speranza di ripresa, ''avrebbe configurato, stando ai dati resi noti, una situazione di accanimento terapeutico''. Ad affermarlo e' il presidente della Societa' italiana di neonatologia Claudio Fabris: ''In una simile situazione, configurandosi accanimento terapeutico - ha detto - reputo giusto l'operato della dottoressa dell'ospedale di Treviso , che ha preso tale decisione in accordo con i genitori del piccolo''. ''Ogni caso e' naturalmente da valutare a se' - ha sottolineato Fabris - e se ci sono capacita' vitali deve essere ovviamente fatto tutto il possibile. Se pero' la situazione diventa senza speranza alcuna di ripresa e non c'e' alcuna possibilita' di sopravvivenza, e' doveroso non arrivare all'accanimento terapeutico''. Questo vuol dire, ha spiegato l'esperto, che ''se i trattamenti sanitari e farmacologic somministrati al neonato non portano alcun beneficio, ne' attuale ne' in prospettiva, procurandogli anzi solo delle sofferenze ulteriori, allora si configura appunto una situazione di accanimento terapeutico. In tal caso - ha proseguito - e' giustificata la sospensione di terapie che risultano inutili ai fini di una ripresa vitale, prolungando solo l'agonia''. In queste situazioni, ha precisato il presidente dei neonatologi, ''chiaramente con l'accordo dei genitori, si procede ad un accompagnamento alla morte con cure compassionevoli, ad esempio l'uso di farmaci analgesici, riducendo progressivamente le terapie ormai senza esito''. Evitare l'accanimento terapeutico, ha concluso Fabris, ''e' doveroso e previsto dalla deontologia medica'
(22 novembre 2008)
Ho letto molti vostri commenti al caso Augias e forse ,per me,avete anche un pò esagerato ...diciamo che vi siete un pò accanite. Certo il discorso è diverso ma comunque si intreccia perfettamente con parte di quello che veniva indicato da Augias...è difficile trattare questo argomento e capire chi ha ragione e chi sbaglia ma leggendo questa storia penso che sia stata la scelta giusta.
LA PROCURA DI TREVISO: INCHIESTA PER OMICIDIO
Stacca la spina a un neonato
dottoressa sotto inchiesta
La procura della repubblica di Treviso (nella foto il procuratore Antonio Fojadelli) ha aperto un fascicolo su una dottoressa del reparto di neonatologia dell'ospedale Ca'Foncello di Treviso, Nadia Battajon, la quale, nel corso di un convegno di etica e medicina a Padova, ha raccontato di aver staccato la spina, col consenso dei genitori e dopo un'operazione senza successo, alla macchina che teneva in vita un neonato di 5 giorni affetto da una gravissima malformazione. L'Usl di Treviso ha poi convocato una conferenza stampa, cui ha partecipato la stessa dottoressa Battajon, precisando che l'episodio oggetto dell'inchiesta rientra in una prassi ispirata da una "mozione sull'assistena a neonati e bambini afflitti da patologie o da handicap di altissima gravità del Comitato nazionale per la bioetica".
''Racconto un caso recente - avrebbe detto la dottoressa - di un neonato affetto da gravissime malformazioni, e soli cinque giorni di vita, operato ma ugualmente senza alcuna prospettiva di ripresa. A quel punto noi dell'equipe ci siamo guardati e ci siamo detti: non possiamo fare piu' niente, che senso ha proseguire le terapie?''. Cosi', ha continuato la dottoressa, sono stati chiamati i genitori del bambino: ''A bbiamo spiegato che non aveva piu' senso quello che stavamo facendo. Lo hanno capito. Abbiamo chiesto se, prima di dirgli addio, la mamma volesse prendere in braccio il suo bambino, che era attaccato alle macchine. In un primo tempo ha detto che non le sa sentiva, poi nel momento cruciale ha cambiato idea. 'L'ha preso si e' seduta su una poltrona tenendolo in grembo e noi, piano piano abbiamo bloccato la somministrazione dei farmaci'. Il bimbo e' morto tra le braccia della mamma, nella tranquillita' del reparto''. La dottoressa avrebbe rivelato che questa stessa decisione sarebbe stata presa ''altre cinque, sei volte, per casi disperati''. Procedere con le terapie nel caso del neonato di Trevisonato con gravissime malformazioni e al quale sono stati sospesi i trattamenti poiche' non sussisteva alcuna speranza di ripresa, ''avrebbe configurato, stando ai dati resi noti, una situazione di accanimento terapeutico''. Ad affermarlo e' il presidente della Societa' italiana di neonatologia Claudio Fabris: ''In una simile situazione, configurandosi accanimento terapeutico - ha detto - reputo giusto l'operato della dottoressa dell'ospedale di Treviso , che ha preso tale decisione in accordo con i genitori del piccolo''. ''Ogni caso e' naturalmente da valutare a se' - ha sottolineato Fabris - e se ci sono capacita' vitali deve essere ovviamente fatto tutto il possibile. Se pero' la situazione diventa senza speranza alcuna di ripresa e non c'e' alcuna possibilita' di sopravvivenza, e' doveroso non arrivare all'accanimento terapeutico''. Questo vuol dire, ha spiegato l'esperto, che ''se i trattamenti sanitari e farmacologic somministrati al neonato non portano alcun beneficio, ne' attuale ne' in prospettiva, procurandogli anzi solo delle sofferenze ulteriori, allora si configura appunto una situazione di accanimento terapeutico. In tal caso - ha proseguito - e' giustificata la sospensione di terapie che risultano inutili ai fini di una ripresa vitale, prolungando solo l'agonia''. In queste situazioni, ha precisato il presidente dei neonatologi, ''chiaramente con l'accordo dei genitori, si procede ad un accompagnamento alla morte con cure compassionevoli, ad esempio l'uso di farmaci analgesici, riducendo progressivamente le terapie ormai senza esito''. Evitare l'accanimento terapeutico, ha concluso Fabris, ''e' doveroso e previsto dalla deontologia medica'
(22 novembre 2008)